Per decenni il 51% è stato un miraggio per la sinistra italiana. Eppure, è la percentuale che raggiungerebbe, oggi in pieno declino berlusconiano, un programma di sinistra. L’ultima conferma viene dall’Osservatorio Politico del Centro Italiano Studi Elettorali (CISE), un gruppo interuniversitario in cui collaborano ricercatori e studiosi sia della Luiss che dell’Università di Firenze.
La prima buona notizia è che la scala delle priorità degli italiani sembra essere molto vicina alla sinistra: l’immigrazione preoccupa l’8,5% degli intervistati mentre il 54,9% ritiene che il maggiore problema sia il lavoro e, tra questi, quelli che guardano al centrosinistra per risolverlo sono il doppio di quelli che si rivolgono al centrodestra. La grande maggioranza pensa però o che le due coalizioni si equivalgano oppure che nessuna possa dare una soluzione al problema. Qui sta forse una delle ragioni dell’astensionismo: non solo l’ “antipolitica” ma la sfiducia nelle capacità della politica di dare una risposta ai problemi della vita. La rilevanza del tema è però già di per se una buona notizia: nelle elezioni vige il principio dell’ “issue priming” per cui chi vota associa più o meno automaticamente la soluzione di un determinato problema ad una parte politica. Se quello che l’angoscia di più è la disoccupazione o il welfare tenderà a rivolgersi alla sinistra, se invece lo preoccupano le tasse alte, la criminalità o l’immigrazione tenderà a votare a destra.
Le domande dei ricercatori del CISE riguardavano, oltreché le preferenze di voto, anche l’opinione su alcuni grandi temi. E da qui viene la seconda buona notizia per la sinistra italiana che riguarda le proposte economiche. “Chi possiede ricchezze sopra un milione di euro dovrebbe pagare più tasse di adesso” chiedevano gli intervistatori. Il 55,3% degli intervistati si dichiarava “molto d’accordo” e il 26,5% “abbastanza”. “I servizi sociali dovrebbero essere ridotti per abbassare le tasse” continuavano quelli del CISE. “Per niente d’accordo” si dichiarava più del 60% degli intervistati e “poco d’accordo” un altro 15%. “Oltre alla scuola pubblica, lo Stato dovrebbe finanziare anche la scuola privata” era la terza domanda alla quale rispondeva di essere in completo disaccordo il 50,9% degli intervistati mentre il 21,1% si dichiarava “poco d’accordo”.
Si potrebbe pensare che però i temi etici siano il vero terreno scivoloso per la sinistra. E ci si sbaglierebbe. La terza buona notizia viene infatti dalle domande sulle coppie di fatto: all’affermazione “alle coppie di fatto omosessuali o eterosessuali dovrebbero essere garantiti gli stessi diritti” ben il 55,6% si dichiara molto o abbastanza d’accordo. Il 55,3% è poi ostile ad una legge che obblighi “la nutrizione artificiale per i malati in stato di incoscienza” e il 58,6% è contrario ad ogni provvedimento che renda “più difficile l’aborto”. Anche sull’immigrazione, poi, ci sono buone notizie: il 76,4% è molto o abbastanza d’accordo con l’affermazione “gli immigrati regolari che pagano le tasse dovrebbero poter votare alle elezioni per il sindaco del comune dove abitano”.
Un quadro di opinioni non troppo diverso era emerso anche da analisi svolte dall’Itanes dopo le elezioni del 2008 e da Demos-Coop l’anno scorso. Dati ancora più stupefacenti se si pensa che da molti anni nessuno dei grandi partiti sostiene che bisogna tassare i più ricchi o che si devono dare gli stessi diritti a tutte le coppie. Stando ai dati CISE, una sinistra che si battesse per tassare i milionari, per sostenere i servizi sociali e abolire i finanziamenti alle scuole private, per i diritti di tutte le coppie di fatto, contro revisioni della legge sull’aborto e a favore del testamento biologico non scenderebbe mai sotto al 50% su nessuno di questi temi. Tutto facile allora? No, e per molti motivi tra cui vale la pena sottolinearne tre: conta come si presentano i problemi (“meno tasse” o “meno servizi pubblici”?), serve la capacità di fare politica e costruire reti in base a scelte dirimenti invece che beneficiando della rendita di posizione data dalla destra peggiore d’Europa e infine servirebbe una classe dirigente credibile, che sia stata meno ambigua su questi temi negli ultimi 15 anni.
La somma di PD, IDV e SEL, sempre nell’indagine del CISE, raccoglie “solo” il 44,1% dei consensi. Forse può crescere.
Mattia Toaldo
(articolo uscito su Il Manifesto)
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