Venerdì 30 Marzo Pietro Ingrao compie 97 anni
Voglio mandare i miei auguri più affettuosi al migliore maestro che io abbia mai avuto pubblicando qui alcuni suoi scritti ancora attualissimi.
Fulvia Bandoli
Chiamata
C’è un rombo
Un sordo rullo di tamburo
Che avanza all’alba dal fondo
Delle metropoli;
senza trombe né squilli
dilaga il lungo
scalpiccio;lente, pesanti,
al suo scuro clamore
in alto si schiudono
le palpebre grevi delle serrande:
fugge il notturno sospirando,
s’alza l’alta febbre
del fare.
Da
Discorso alle Acciaierie di Terni
10 febbraio 1978( 30 anni della Costituzione)
(dattiloscritto)
Credo che sia la prima volta nella storia d’Italia che un presidente della Camera dei deputati, su invito del Consiglio di fabbrica, viene a parlare della Coatituzione della Repubblica dentro il grande capannone di un complesso siderurgico. (…)
Credo ci sia una ragione di questa innovazione. Io parlo a gente non lontana dalla Carta costituzionale, non estranea, parlo a gente che sta alla radice delle norme solenni scritte in quella Carta; parlo a “fondatori”, a “costituenti” (…)
In questo legame profondo tra le parole, le norme della Costituzione e le masse operaie del nostro paese, riconosciuto da ogni storico serio, si esprime un fatto ancora più profondo, un travaglio, un csmmino che ha visto via via il mondo operaio, più in generale il mondo del lavoro prendere nelle proprie mani, sempre con maggiore consapevolezza e portare avanti la rivendicazione, la bandiera della libertà, dei diritti civili, dello sviluppo del regime democratico(…)
La Costituzione ha parlato di una libertà che doveva essere costruita, ha detto che per votare e pensare bisognava che l’operaio potesse partecipare al sapere, alla cultura, all’istruzione e che la scuola fosse aperta a lui. (…)
Domandava perciò grandi riforme strutturali, non si fermava solo a vedere come doveva essere organizzato lo Stato e il Parlamento e le leggi elettorali, ma voleva che lo Stato mettesse l’occhio nel modo in cui era organizzata la produzione e domandava perciò –ecco la grande novità – una programmazione, una capacità dello Stato repubblicano di saper realizzare l’uso sociale della proprietà, ma contemporaneamente domandava che questo diritto di proprietà non venisse usato contro l’interesse generale. (…)
Erano solo promesse, parole al vento? No, è stato importante che quelle parole fossero state scritte, ricordatevi che furono importanti anche quando non furono realizzate, anche quando venivano calpestate (…) consentì a voi di dire a chi faceva il sopruso: la Costituzione sta dalla mia parte (…) non dimentichiamo che abbiamo potuto dare vita a quella carta importante rappresentata dallo Statuto dei lavoratori, che ha accompagnato tante lotte vostre ed ha dato il quadro in cui lo stesso consiglio di fabbrica poteva realizzarsi, perché abbiamo potuto dire che era concorde alla legge fondamentale dello Stato. (…)
Questa maturità della classe operaia la intendano coloro che hanno le levi fondamentali del grande padronato e ciò non deve consentire a nessuno libertà di licenziare come e quando vuole (…) Mai di fronte a questa storia e a questo passato, di fronte a questa classe operaia può essere consentito che vengano compiuti atti arroganti e unilaterali. Non c’è uno solo in questo paese che possa pensare di decidere da solo, dall’alto, queste questioni e comandare dicendo:io faccio così. Questo potrebbe produrre solo lacerazioni difficili e allora pagherebbe tutta l’economia.
Noi ci auguriamo che forze responsabili comprendano come non sia possibile discutere ciò che deve essere discusso, risanare ciò che deve essere risanato –e noi vogliamo che sia risanato- senza tenere conto della volontà, dei diritti, del dialogo necessario, del metodo che domanda la classe operaia. (…)
Ho tenuto questa assemblea in un capannone e se la paragono non solo fisicamente, all’assemblea cui partecipo a Montecitorio, seduto sul mio seggio,come sono diverse, l’aria, i volti, le esperienze! Forse abbiamo bisogno tutti di intrecciare queste assemblee, ne abbiamo bisogno noi che stiamo là per ascoltarvi, per capire cosa volete voi che siete presidio della democrazia, per non restare lontani, isolati. (…)
Io domando che noi dialoghiamo, convitnto che non che mi verrete a portare soltanto la vostra protesta. Penso ad un dialogo in cui si possa discutere insieme problemi gravi, difficili e complicati. Voi mi raccontate delle vostre difficoltà e dei vostri problemi ed anch’io vorrei raccontarvi delle mie difficoltà, dei miei problemi a far funzionare in modo moderno e nuovo questo Parlamento e questo Stato.