martedì 19 luglio 2011

Vendola: “Manovra, una grande manifestazione in autunno con movimenti, donne e precari”




Intervista a Nichi, pubblicata su L’Unità di oggi, sulla manovra del Governo, il ruolo delle classi dirigenti e la necessità di ritornare alle urne.

Presidente Vendola, la manovra varata in fretta e con cosi’ tanti sacrifici per i ceti medio bassi non sembra efficace neppure per stabilizzare i mercati. Se l’aspettava?
«C’e’ una speciale vulnerabilita’ del nostro Paese legata al giudizio che l’intero mappamondo politico da’ della nostra classe di governo di centrodestra: una compagine impresentabile, che ha posto sulle spalle di Tremonti una manovra di perfetta macelleria sociale, a fronte della fuga del premier. Entrambi sono ormai prigionieri di una dimensione scandalosa che riporta alla mente, a 30 anni esatti, la visione della questione morale proposta da Enrico Berlinguer».

Sono gli scandali a indebolire l’Italia sui mercati?
«La girandola di inchieste svela la verminosita’ dei poteri reali. La manovra, dal canto suo, scarica su regioni e Comuni il cerino di tagli e tasse che segnano il congedo dall’eta’ del welfare. Lo Stato si ritrae dai suoi compiti fondamentali di indirizzo politico, economico e sociale, di luogo della perequazione e lascia campo libero al mercato. Lo Stato, nella visione di questa destra, si occupa solo di impedire un decente biotestamento e diventa il guardiano dei costumi privati nell’ottica di “sorvegliare e punire”».

I vincoli di bilancio europei incideranno pesantemente anche su un futuro governo di centrosinistra. Come fare fronte? Accettando quei vincoli anche a costo di sacrificare un proprio progetto di cambiamento?
«La prima cosa da fare e’ accorgersi che sta morendo l’Europa, che e’ stata ambizione e speranza e ora e’ ridotta a protesi notarile della volontà extrademocratica e insindacabile delle grandi istituzioni bancarie e finanziarie. Un’Europa sempre piu’ dominata dal protagonismo delle destre antieuropeiste e dal rancore delle giovani generazioni sempre piu’ incompatibili con il patto di stabilita’. Giovani generazioni considerate dai teorici dell’austerita’ come un tema irrilevante rispetto ai debiti pubblici. Se e’ vero che il debito e’ una malattia, bisogna sapere anche che i farmaci liberisti rischiano di uccidere il malato. Se massacri i ceti medio-bassi, stroncando la crescita, i conti non torneranno mai. Lo devono capire i vari Tremonti d’Europa».

Dunque cosa propone per far tornare i conti e sostenere la crescita?
«L’Italia popolare e proletaria e’ allo stremo, non si era mai vista una stagione di cosi’ pesante regresso sociale. In Italia ci sono 150 miliardi di evasione fiscale, se c’e’ bisogno di pesanti manovre devono essere messe per intero sulle spalle della ricchezza, della rendita, dell’evasione. Purtroppo la rabbia sociale si riversa solo sui privilegi della “casta”, invece che su questa sperequazione di tipo ottocentesco. Per questo e’ stato un grave errore del Pd quel voto contro l’abolizione delle province».

Pensa davvero che il voto sulle province abbia un peso cosi’ rilevante?
«C’e’  urgente bisogno di segnali di concretezza e di sobrieta’. Rinviare sempre l’appuntamento con i tagli ai costi della politica ha generato una reazione rabbiosa tra i piu’ poveri».

Questa onda antipolitica, alimentata anche da settori di centrosinistra, non rischia come nel 1992 di produrre una svolta populista e reazionaria?
«Sono molto preoccupato perche’, in un’Europa che ha perso ambizioni e racconto, l’antipolitica insieme alla crisi sociale puo’ portare davvero a scorciatoie reazionarie. Se a pagare il conto sono sempre i soliti predestinati, se non c’e’ una netta alternativa tra le politiche economiche di destra e di sinistra, allora crescono gli “indignatos”. Il ripensamento in corso in molti partiti socialisti rispetto alla lunga subalternita’ al liberismo e’ motivo di speranza, ma rischiamo di essere fuori tempo».

Come dovrebbe reagire il centrosinistra italiano?
«C’e’ una larga convergenza sul carattere classista di questa manovra, dalla Cei a molte aree moderate. C’e’ il giudizio chiaro di Bersani. Le vittorie alle amministrative e ai referendum pero’ sono state subite, non si e’ ancora messo a fuoco lo smottamento dal basso, che e’ partito dai movimenti, fuori dal Palazzo. Bene, la svolta e’ matura nella societa’, ora e’ il momento di scrivere un’agenda comune e di aprire il cantiere dell’alternativa con al centro la questione sociale e morale. Altrimenti, se la politica non sara’ in grado di catalizzare la rabbia e la speranza, rischiamo che prevalgano nuovi blocchi d’ordine».

Ogni vostra proposta di cambiamento deve fare i conti i vincoli europei. Che spazio reale vede?
«Credo che esista lo spazio per ricontrattare tempi e modi per raggiungere il pareggio di bilancio. Anche Obama ha in corso un braccio di ferro con i repubblicani per innalzare il debito. Perche’  il patto di stabilita’ deve essere un totem intoccabile e le condizioni delle famiglie no?».

Come si deve muovere l’opposizione?
«L’unico modo per voltare pagina e’  licenziare il governo Bisignani-Milanese e andare al voto».

Come si ottiene il voto anticipato?
«Non facendo sconti a nessuno. Il centrosinistra e’ uno straordinario potenziale, ora servono segnali chiari: una grande manifestazione in autunno per dire che siamo in campo, una coalizione con un’anima, che vogliamo coinvolgere da protagonisti i movimenti, dalle donne ai precari. Non abbiamo tempi infiniti».

Governo istituzionale?
«Non c’e’ spazio per formule tecnocratiche o diversivi tipici del trasformismo».

Delle primarie non parla piu’?
«Non c’e’ bisogno che io faccia il disco rotto. Mi pare che, dopo le vittorie di Milano, Cagliari e Trieste siano ormai un patrimonio condiviso anche dai vertici del Pd».

Nella sua alternativa c’e’ anche l’Udc?
«Serve un chiarimento. A Casini voglio dire che di troppa furbizia si muore. L’equidistanza tra centrosinistra e Berlusconi non e’ piu’ sostenibile. E neppure l’altalena tra i due poli, senza avere il coraggio di uno sforzo anche autocritico su un ciclo lungo che ha devastato la societa’ italiana».

Propone un ultimatum a Casini?
«Non ho atteggiamenti intimidatori, ci tengo a discutere nel merito. E considero un guaio che Casini non si accorga di quanto rilevante sia stata tra i cattolici la partita sull’acqua pubblica, quasi un gesto di liberazione dall’individualismo. E ancora: si puo’ essere impermeabili al tema dei diritti di nuovi soggetti, all’evoluzione dei costumi? Considero una vergogna vivere in un Paese senza una legge sulle coppie di fatto, non sono disponibile a una rimozione di questi temi».
Sulla legge elettorale che opinione ha?
«Do un giudizio positivo su entrambi i referendum che puntano a smontare il Porcellum. E aspetto di capire meglio la proposta di legge del Pd, che mi pare oscura e troppo arzigogolata. Credo che, per garantire rappresentanza e coalizioni, la soluzione migliore nell’immediato sia una legge per tornare al Mattarellum, come proposto da Gustavo Zagrebelsky»
Andrea Carugati

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