La sinistra italiana ha una grande ricchezza, di cui sembrano dimenticarsi talvolta i suoi leader: un patrimonio di mobilitazione e partecipazione che si è riattivato ed ingrandito negli ultimi mesi portando ad importanti vittorie. Questo blog è nato in tempi bui, dopo quello che definimmo “l’anno zero” della sinistra italiana: il 2008 con la sconfitta alle politiche, l’eliminazione di una parte della sinistra dalla rappresentanza parlamentare, la vittoria di Alemanno a Roma. Nelle ultime settimane abbiamo avuto la fortuna di descrivere e indagare un paese diverso: quello delle amministrative e quello dei referendum. E’ bene riflettere e analizzare i cambiamenti nella società che sono alla radice di quelle vittorie, lo abbiamo fatto qui collettivamente e lo ha fatto qui Cecilia D’Elia. Oggi abbiamo degli studi che ci spiegano meglio cosa è successo, vediamone alcuni.
Il primo studio è quello di Ilvo Diamanti e della sua Demos. Molti, nella lettura, si saranno fermati ai pronostici elettorali che danno il centrosinistra “classico” (Pd, Idv, Sel più, se vorrà, la Federazione della Sinistra) in vantaggio di 7 punti percentuali sul centrodestra. C’è poi il calo del Terzo Polo e un dato importante sul centrosinistra: a beneficiare della tornata elettorale e referendaria sembrano essere soprattutto Pd e Idv, mentre Sel perde quasi un terzo dei suoi consensi “virtuali” tra febbraio e giugno. Dati che varrà la pena commentare solo se saranno confermati da altri sondaggi.
E’ invece importante riflettere sul resto dell’indagine Demos che riguarda l’intensità e la modalità di partecipazione alle recenti campagne amministrative e referendarie. La mobilitazione è stata molto alta negli elettorati di Sel, Movimento 5 stelle e Idv ma anche in quelli di Pd e Fli: la percentuale di elettori di questi partiti che dichiara di aver fatto campagna o di aver cercato di convincere qualcuno a votare varia dal 29% tra chi vota per il partito di Bersani al 52% tra chi sostiene Sinistra Ecologia e Libertà.
Tra tutti gli intervistati, il 16% dichiara di aver partecipato alla campagna o di aver lavorato sulla partecipazione al voto. Come? In oltre la metà dei casi con una campagna orizzontale tra i conoscenti: familiari o colleghi di lavoro. Gli esperti dicono che è il tipo di campagna che funziona di più: un conto è vedere un estraneo in tv, un conto è ascoltare il consiglio da un amico o un familiare. Quasi il 10% ha usato internet, un altro dato molto importante su cui torneremo tra poco. Dei 16 italiani su 100 che dichiarano di essersi mobilitati, 9 sono “nuovi”: non l’avevano mai fatto prima. Tra di essi, un terzo ha usato internet, facendo la campagna “reticolare”, come l’ha chiamata Diamanti. Abbiamo scritto in una serie di articoli su Milano come sia stata importante, nella campagna che ha portato alla vittoria di Pisapia, la combinazione tra l’attivazione dei militanti sulla Rete e la loro campagna orizzontale sul territorio.
E qui si arriva al dato più interessante politicamente, che riguarda le categorie sociali. Le donne sono solo il 37% tra i mobilitati “storici” (quelli che l’hanno sempre fatto) ma sono ben il 46% tra quelli nuovi. Le ragazze e i ragazzi al di sotto dei 30 anni si sono mobilitati in misura doppia rispetto al passato. I due terzi dei nuovi mobilitati hanno la maturità o la laurea. Mentre tra i militanti storici prevalgono pensionati e dipendenti pubblici, tra quelli nuovi crescono gli studenti e gli “operai”. Il 58% dei nuovi mobilitati è orientato a sinistra o a favore del centrosinistra. Sovrapponiamo questi dati alle mobilitazioni sociali dell’ultimo anno: quella delle donne di “se non ora quando?” (che si rivedranno qui, molto presto), quella degli studenti e dei ricercatori di quest’autunno, le mobilitazioni operaie e del mondo del lavoro, di cui quelle della Fiom sono state solo la parte più visibile.
E poi, il mondo della cultura che si riflette nel dato sul titolo di studio. Si guardi alla nostra analisi “sociale” della sconfitta del 2008 per capire quanto sia straordinario questo cambiamento: lì si perse con l’astensionismo dei giovani con alto livello di studio e con il passaggio a destra di una parte dei ceti popolari per non parlare dei 18 punti di scarto tra Berlusconi e Veltroni nel voto femminile. Qui si vince riportando al voto e alla mobilitazione queste categorie. E’ una mobilitazione che non va data per scontata nella campagna per le politiche, però.
Questo articolo dell’epistemologo Paolo Bottazini, invece, ci spiega come ha funzionato la campagna sulla Rete e come la destra non abbia ancora capito i social network. Probabilmente non è solo questione di comprensione: è che un modello di comunicazione reticolare e orizzontale è molto difficile da adattare ad un partito personale e autoritario come quello di Berlusconi. E poi, non basta dire Rete. Bottazini fa un’affermazione che molti politici dovrebbero tenere a mente: tutto è partito da lontano, molti mesi prima dei referendum. L’esempio più importante è la pagina Facebook “Acqua pubblica” creata dal sindaco di Cassinetta di Lugagnano (un piccolissimo comune lombardo all’avanguardia su politiche urbane e ambientali) e che ha raccolto un milione di fan. Leggermente meno persone (900mila) hanno visto questo video su youtube in cui un giornalista si avvicinava alla centrale di Fukushima.
E veniamo all’ultimo gruppo di dati, che riguarda la TV: quella “generalista” (i vecchi 7 canali principali) dove le immagini e le notizie su Fukushima, ad un certo punto, sono praticamente sparite. Non serve essere dei complottisti paranoici per dire che, forse, non si è trattato di casualità. Basta leggere l’inchiesta di Repubblica su come vennero oscurati i risultati delle regionali del 2005 per capire che, quando si tratta di esercitare la censura ed il controllo sull’informazione, la destra riesce ad essere assai reticolare.
Peccato per loro, perché quello strumento sul quale si concentrano è sempre meno importante: un’elaborazione dello Studio Frasi pubblicata questa settimana dall’Espresso ci dice che nell’ultima stagione televisiva (12 settembre 2010-28 maggio 2011) Canale 5 ha perso il 10,5% di share rispetto all’anno precedente, Italia 1 il 10,7% e Rete 4 l’8,47%. Rai 1 e Rai 2 hanno perso, rispettivamente, il 5,25% ed il 6,96%. Alcuni spettatori saranno sicuramente “migrati” verso i canali digitali o satellitari ma è anche vero che, nello stesso periodo, Rai 3 ha guadagnato il 2,9% e La7 addirittura il 28,3%. Se si vuole avere il polso di cosa cambia nella società italiana bisogna andare più a fondo e guardare al successo di certi programmi: l’ascesa del Grande Fratello anticipò, nel 2000, l’egemonia televisiva del centrodestra degli anni duemila.
Ebbene, l’ultima stagione del reality è stato un vero fallimento: poco più di 5milioni di spettatori medi e uno share del 23%. Poco se si pensa che fino al 2006 si era stabilmente sopra il 30%. Chi ricorda ora di quando “Vieni via con me” batté in ascolti proprio il Grande Fratello? Cambiano i gusti e cambiano gli interessi, non bisogna dare la TV per morta ma continuare a pensare a buoni programmi.
E di buoni programmi oltre che di buoni strumenti e buon personale politico ha bisogno la sinistra italiana se vuole sfruttare la risorsa della partecipazione e le opportunità fornite da alcuni cambiamenti sociali. Non è solo questione di primarie ma anche, come abbiamo scritto qui, di quale risposta si da alla crisi economica e dei conti pubblici perché sennò il rischio è di fare la fine dei socialisti greci o spagnoli.
Mattia Toaldo - fonte http://italia2013.org
Il primo studio è quello di Ilvo Diamanti e della sua Demos. Molti, nella lettura, si saranno fermati ai pronostici elettorali che danno il centrosinistra “classico” (Pd, Idv, Sel più, se vorrà, la Federazione della Sinistra) in vantaggio di 7 punti percentuali sul centrodestra. C’è poi il calo del Terzo Polo e un dato importante sul centrosinistra: a beneficiare della tornata elettorale e referendaria sembrano essere soprattutto Pd e Idv, mentre Sel perde quasi un terzo dei suoi consensi “virtuali” tra febbraio e giugno. Dati che varrà la pena commentare solo se saranno confermati da altri sondaggi.
E’ invece importante riflettere sul resto dell’indagine Demos che riguarda l’intensità e la modalità di partecipazione alle recenti campagne amministrative e referendarie. La mobilitazione è stata molto alta negli elettorati di Sel, Movimento 5 stelle e Idv ma anche in quelli di Pd e Fli: la percentuale di elettori di questi partiti che dichiara di aver fatto campagna o di aver cercato di convincere qualcuno a votare varia dal 29% tra chi vota per il partito di Bersani al 52% tra chi sostiene Sinistra Ecologia e Libertà.
Tra tutti gli intervistati, il 16% dichiara di aver partecipato alla campagna o di aver lavorato sulla partecipazione al voto. Come? In oltre la metà dei casi con una campagna orizzontale tra i conoscenti: familiari o colleghi di lavoro. Gli esperti dicono che è il tipo di campagna che funziona di più: un conto è vedere un estraneo in tv, un conto è ascoltare il consiglio da un amico o un familiare. Quasi il 10% ha usato internet, un altro dato molto importante su cui torneremo tra poco. Dei 16 italiani su 100 che dichiarano di essersi mobilitati, 9 sono “nuovi”: non l’avevano mai fatto prima. Tra di essi, un terzo ha usato internet, facendo la campagna “reticolare”, come l’ha chiamata Diamanti. Abbiamo scritto in una serie di articoli su Milano come sia stata importante, nella campagna che ha portato alla vittoria di Pisapia, la combinazione tra l’attivazione dei militanti sulla Rete e la loro campagna orizzontale sul territorio.
E qui si arriva al dato più interessante politicamente, che riguarda le categorie sociali. Le donne sono solo il 37% tra i mobilitati “storici” (quelli che l’hanno sempre fatto) ma sono ben il 46% tra quelli nuovi. Le ragazze e i ragazzi al di sotto dei 30 anni si sono mobilitati in misura doppia rispetto al passato. I due terzi dei nuovi mobilitati hanno la maturità o la laurea. Mentre tra i militanti storici prevalgono pensionati e dipendenti pubblici, tra quelli nuovi crescono gli studenti e gli “operai”. Il 58% dei nuovi mobilitati è orientato a sinistra o a favore del centrosinistra. Sovrapponiamo questi dati alle mobilitazioni sociali dell’ultimo anno: quella delle donne di “se non ora quando?” (che si rivedranno qui, molto presto), quella degli studenti e dei ricercatori di quest’autunno, le mobilitazioni operaie e del mondo del lavoro, di cui quelle della Fiom sono state solo la parte più visibile.
E poi, il mondo della cultura che si riflette nel dato sul titolo di studio. Si guardi alla nostra analisi “sociale” della sconfitta del 2008 per capire quanto sia straordinario questo cambiamento: lì si perse con l’astensionismo dei giovani con alto livello di studio e con il passaggio a destra di una parte dei ceti popolari per non parlare dei 18 punti di scarto tra Berlusconi e Veltroni nel voto femminile. Qui si vince riportando al voto e alla mobilitazione queste categorie. E’ una mobilitazione che non va data per scontata nella campagna per le politiche, però.
Questo articolo dell’epistemologo Paolo Bottazini, invece, ci spiega come ha funzionato la campagna sulla Rete e come la destra non abbia ancora capito i social network. Probabilmente non è solo questione di comprensione: è che un modello di comunicazione reticolare e orizzontale è molto difficile da adattare ad un partito personale e autoritario come quello di Berlusconi. E poi, non basta dire Rete. Bottazini fa un’affermazione che molti politici dovrebbero tenere a mente: tutto è partito da lontano, molti mesi prima dei referendum. L’esempio più importante è la pagina Facebook “Acqua pubblica” creata dal sindaco di Cassinetta di Lugagnano (un piccolissimo comune lombardo all’avanguardia su politiche urbane e ambientali) e che ha raccolto un milione di fan. Leggermente meno persone (900mila) hanno visto questo video su youtube in cui un giornalista si avvicinava alla centrale di Fukushima.
E veniamo all’ultimo gruppo di dati, che riguarda la TV: quella “generalista” (i vecchi 7 canali principali) dove le immagini e le notizie su Fukushima, ad un certo punto, sono praticamente sparite. Non serve essere dei complottisti paranoici per dire che, forse, non si è trattato di casualità. Basta leggere l’inchiesta di Repubblica su come vennero oscurati i risultati delle regionali del 2005 per capire che, quando si tratta di esercitare la censura ed il controllo sull’informazione, la destra riesce ad essere assai reticolare.
Peccato per loro, perché quello strumento sul quale si concentrano è sempre meno importante: un’elaborazione dello Studio Frasi pubblicata questa settimana dall’Espresso ci dice che nell’ultima stagione televisiva (12 settembre 2010-28 maggio 2011) Canale 5 ha perso il 10,5% di share rispetto all’anno precedente, Italia 1 il 10,7% e Rete 4 l’8,47%. Rai 1 e Rai 2 hanno perso, rispettivamente, il 5,25% ed il 6,96%. Alcuni spettatori saranno sicuramente “migrati” verso i canali digitali o satellitari ma è anche vero che, nello stesso periodo, Rai 3 ha guadagnato il 2,9% e La7 addirittura il 28,3%. Se si vuole avere il polso di cosa cambia nella società italiana bisogna andare più a fondo e guardare al successo di certi programmi: l’ascesa del Grande Fratello anticipò, nel 2000, l’egemonia televisiva del centrodestra degli anni duemila.
Ebbene, l’ultima stagione del reality è stato un vero fallimento: poco più di 5milioni di spettatori medi e uno share del 23%. Poco se si pensa che fino al 2006 si era stabilmente sopra il 30%. Chi ricorda ora di quando “Vieni via con me” batté in ascolti proprio il Grande Fratello? Cambiano i gusti e cambiano gli interessi, non bisogna dare la TV per morta ma continuare a pensare a buoni programmi.
E di buoni programmi oltre che di buoni strumenti e buon personale politico ha bisogno la sinistra italiana se vuole sfruttare la risorsa della partecipazione e le opportunità fornite da alcuni cambiamenti sociali. Non è solo questione di primarie ma anche, come abbiamo scritto qui, di quale risposta si da alla crisi economica e dei conti pubblici perché sennò il rischio è di fare la fine dei socialisti greci o spagnoli.
Mattia Toaldo - fonte http://italia2013.org
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