giovedì 28 luglio 2011

Alfonso Gianni sulla manovra economica 2011

Pubblichiamo una nota di Alfonso Gianni sull’ultima manovra finanziaria.
Per scaricare il documento, clicca qui

Alfonso Gianni  (SEL)

lunedì 25 luglio 2011

Norvegia: quel paese ignoto nel mondo globale

Quel paese ignoto nel mondo globale

Più il mondo è globalizzato, più la comunicazione è istantanea, più il flusso delle notizie è impetuoso e meno sappiamo dei paesi accanto: proprio come la vita dei nostri vicini di casa scorre parallela alla nostra, ma separata, ignota e incomunicante, così avviene per le realtà sociali: con i suoi 92 morti, la duplice strage di venerdì in Norvegia ne è la riprova più feroce.
La stessa facilona superficialità con cui abbiamo potuto oscillare tra la pista islamica e quella dell'estrema destra indigena la dice lunga sulla nostra ignoranza. Altrettanto sintomatico è stato il coro su «l'innocenza perduta», come se a nord della Germania qualcuno l'avesse prima mai trovata.
Solo la nostra totale incomprensione del mondo che ci circonda ci ha permesso da vent'anni a questa parte di non chiederci nemmeno una volta come mai le terre della mitica «socialdemocrazia nordica» avessero ripudiato con tanta facilità la forma più vicina al paradiso terrestre che l'umanità avesse mai conosciuto. E non è solo un modo di dire.
Perché con la loro protezione sociale, con il loro livello di uguaglianza nei salari, con la gratuità di servizi di alta qualità per tutti, le socialdemocrazie scandinave sono state quanto di più vicino a un modello concretamente socialista che la terra abbia conosciuto nel XX secolo, su questo non ci piove.

Ma mai ci siamo interrogati su perché e per come questo «modello scandinavo» si sia sgretolato in Svezia, in Finlandia, in Olanda e in Danimarca quasi in contemporanea con il crollo del muro di Berlino e con l'inglorioso autodissolvimento dell'Unione sovietica (solo il petrolio del mare del Nord ha contrastato questa deriva in Norvegia).
Sia ben chiaro: anche 20 anni dopo aver intrapreso l'amara cura liberista, questi paesi rimangono infinitamente più sociali di quanto l'Italia si possa mai sognare in un prevedibile futuro (a meno di insperate rivoluzioni). Ma non ci si è accesa una lampadina in testa nemmeno quando, dopo l'11 settembre, proprio in questi paesi - e non altrove - è apparsa per la prima volta una crociata anti-islamica: è in Olanda che il regista Theo Van Gogh ha diretto il film Submission, per cui è stato ucciso da un olandese di origine marocchina; è in Danimarca che nel 2005 il quotidiano Jyllands-Posten ha pubblicato le 12 vignette su Maometto che hanno fatto infuriare il mondo musulmano.

Neanche dopo i risultati elettorali dell'ultimo decennio abbiamo cercato di capire. Abbiamo assistito all'ascesa dei partiti di estrema destra senza domandarci come fosse possibile che la socialdemocrazia generasse i suoi mostri, in una riedizione in piccolo de La dialettica dell'illuminismo di cui parlavano Theodor Adorno e Max Horkheimer per rendere conto dell'ascesa del nazismo. In Danimarca nelle elezioni del 2001 il Dansk Folkeparti (Partito del popolo danese) ottenne il 12 % dei voti e 22 seggi; nel 2007 migliorò i suoi risultati con il 13,8 % dei voti e 25 seggi (su 179), e poiché garantisce il governo fornendogli un appoggio esterno, ne condiziona le politiche, in particolare quelle migratorie. Stessa situazione in Olanda dove governa una coalizione di centrodestra sostenuta dall'esterno dal Partij voor de Vrijheid (Partito per la libertà) di Gert Wilders che nel 2010 ha ottenuto il 15,5% dei voti e 24 seggi (su un totale di 150). In Svezia una coalizione di centrodestra ottenne la maggioranza assoluta nel 2006: nel 2010 l'ha persa, ma continua a governare grazie all'ascesa del partito di estrema destra Sverigedemokraterna (Democrazia svedese) che per la prima volta è riuscito con il 5,7% dei voti a superare lo sbarramento ed entrare in parlamento con 20 seggi (su 349). In Finlandia quest'anno le elezioni di aprile hanno registrato un progresso del partito xenofono e antieuropeo, il Perussuomalaiset (Veri Finnici), che è balzato dal 4 al 19,1 % dei voti e da 5 a 39 seggi (su 190). E se la Norvegia sembra andare in controtendenza, perché il partito laburista continua a governarvi, in realtà alle elezioni del 2009 il centrodestra nel suo complesso ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti e i partiti di destra più estrema Høyre (Partito conservatore, letteralmente la «Destra») e Framstegspartiet (Partito del Progresso) hanno guadagnato in seggi e in voti. Da notare che il sospettato autore delle stragi di Oslo e di Utoya, il 32-enne Anders Behring Breivik, è stato dal 1999 al 2004 membro della gioventù del Partito del Progresso, che poi ha abbandonato accusandolo di «aver abbracciato il multiculturalismo».

Eppure noi sapevamo che i rapporti dei paesi nordici col nazismo non erano mai stati innocenti quanto ci hanno voluto far credere. Le correnti di simpatia per chi sosteneva la purezza della nordica razza ariana furono meno marginali di quanto ci raccontassero. E il collaborazionismo con il terzo Reich fu meno recalcitrante di quanto fu tramandato. Il nome Quisling è diventato sinonimo di viceré servo dell'invasore, da quel Vidkun Quisling che dal 1942 al 1945 governò la Norvegia in nome del Führer. Anche in Olanda e negli altri paesi occupati la versione postbellica edulcora non poco la realtà.

Ma anche a prescindere da quegli anni bui, un sospetto poteva venire dopo l'assassinio di Olof Palme (1986), o anche dal diffondersi di fenomeni che mal quadravano con lo stereotipo dell' innocenza e del paradiso socialdemocratico. Per esempio, nel corso di ricerche sulle gangs americane, scoprii in Svezia e Norvegia filiali di gangs di Chicago (a loro volta gang svedesi come gli Original Gangsters di origine siriaca hanno filiali in Germania). Altri indizi ci giungevano dalla letteratura gialla, come scrive qui accanto Aldo Garzia, dagli svedesi Henning Mankell e Stieg Larsson, dal norvegese Jo Nesbø, dall'islandese Arnaldur Indriðason. Tutti ci mostrano società inquiete, irriconoscibili rispetto ai nostri stereotipi. Basti pensare a un dettaglio: la Svezia è uno dei paesi più ricchi al mondo, ma da una ventina di anni sono sempre più numerosi gli svedesi che vanno a lavorare in Norvegia. E naturalmente, appena appaiono come lavoratori immigrati, subito vengono connotati in termini negativi: Bossi potrebbe imparare dalla nascita di un leghismo norvegese anti-svedese.

Il meccanismo della comunicazione globale ci impone - per ieri e per oggi - le stragi di Utoya e Oslo con la loro disumana violenza. Pronto a dirottarci domani verso una nuova strage, un nuovo massacro, un altro tsunami che cancelleranno la memoria di questo eccidio come un file da una penna di memoria flash. E invece dovremmo un istante staccare la spina alla nostra tv satellitare, dovremmo prenderci una «siesta digitale» come diceva El Pais qualche giorno fa e cercare di ricostruire un background concettuale agli eventi che ci vengono incessantemente imposti e subito sottratti. Pensarli politicamente, cercare di capire quale nuova dialettica dell'illuminismo ha portato una democrazia nordica a guardare esterrefatta i corpi crivellati dei suoi adolescenti giacere inanimati su un'isola felice.

di Marco D'Eramo: da "il manifesto" 24 luglio 2011

Norvegia: solidarietà alle ragazze e ai ragazzi della AUF

Gli attacchi terroristici che hanno ferito la Norvegia non possono non trovare la condanna ferma e indignata dell’intera opinione pubblica democratica, europea e internazionale. Un attacco rivolto a uno dei paesi europei piu’ avanzati dal punto di vista sociale, civile e delle garanzie democratiche. In questo senso non sorprende purtroppo apprendere che di ora in ora si fa piu’ concreta la pista dell’estremismo di destra, da sempre presente e attivo nell’area scandinava.

Le prime immagini e testimonianze che ci arrivano dai luoghi colpiti sono agghiaccianti e provocano, oltre a un sentimento di rabbia e frustrazione, profondo dolore: tanti di noi infatti hanno partecipato in passato a svariati appuntamenti come quello che ogni anno, dal 1979, viene organizzato a Utøya e in tanti in quelle stesse occasioni abbiamo condiviso il nostro impegno politico con le ragazze e i ragazzi della Arbeidernes UngdomsFylking (AUF), la lega dei giovani laburisti norvegesi, nell’ambito delle iniziative dell’International Union of Socialist Youth (IUSY) e dell’European Community Organisation of Socialist Youth (ECOSY).
Se le terribili notizie che arrivano in queste ore saranno confermate, dovremo purtroppo piangere oltre 80 ragazze e ragazzi tra i 15 e i 20 anni, uccisi a sangue freddo nel summer camp di Utøya. In questi concitati momenti in cui è così difficile trovare le parole per esprimere i propri sentimenti, vogliamo ad ogni modo esprimere il nostro cordoglio e la nostra solidarietà alle compagne e ai compagni della AUF e alle famiglie delle ragazze e dei ragazzi assassinati, sicuri che sia loro che la democrazia norvegese sapranno reagire individuando e assicurando alla giustizia quanto prima i responsabili delle stragi.

Nicola Bassan, Francesca Butturini, Jacopo Cesari, Matteo Ciampicacigli, Michele Colanzi, Matteo Lecchi, Giorgio Mancini, Samuele Mascarin, Nicola Natalicchio, Lara Ricciatti, Luca Serafini
dal sito di SEL Nazionale

giovedì 21 luglio 2011

SEL Terni: "Salviamo il Lago di Piediluco"

 COMUNICATO STAMPA
di
SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’
CIRCOLO di TERNI

Piediluco, lago - e borgo - fantasma?
È palese come il recente rapporto di Legambiente sulla salute del Lago di Piediluco metta in evidenza nodi mai realmente risolti nell’area, che impediscono, di fatto, un vero sviluppo in senso turistico, economico ed ambientale di una delle zone più interessanti dal punto di vista paesaggistico e naturalistico dell’Umbria e del Centro Italia.
A partire dalla balneazione, resa possibile solo per decreto e non per efficaci politiche di contenimento degli agenti inquinanti. Che, occorre ricordare, derivano principalmente da attività produttive extra provinciali e regionali (Rieti). Ma proprio per questo motivo è necessario che ci sia un accordo tra Enti in grado di rappresentare il bacino del lago come corpo unico, in cui ciò che accade in una zona influisce sull’intero ecosistema.
Altro nodo che rimane irrisolto, e sottolineato anche da Legambiente, è la non inclusione del Lago nel Parco Fluviale del Nera, che impedisce un approccio sistemico a problematiche tra loro connesse. L’inserimento del sito all’interno del parco garantirebbe, in primis, la tutela di un paesaggio che è, innanzitutto e anche, memoria storica. Degli abitanti di Piediluco, dei ternani e di tutti coloro che in questi secoli hanno visitato questo splendido lago. Tutela che non impedisce, anzi rafforza, il turismo che non può essere che diffuso e di qualità, proponendo anche progetti a basso impatto ambientale ma efficaci anche da un punto di vista di marketing territoriale (per esempio, perché non immaginare un grande anello ciclopedonale lungo le sponde del lago?). E salvaguardia che favorisce nuove economie, nuove opportunità di lavoro, prendendo spunto anche da esperienze similari (cooperative di pescatori che trasformano - anche - il loro prodotto…).
Tutto questo è compito delle Istituzioni, dei cittadini, degli operatori economici e delle imprese che traggono profitto dalle risorse del territorio. Ma principalmente spetta alla politica rendere possibile un nuovo sviluppo (sostenibile) in grado di garantire insieme tutela ambientale e progresso economico e sociale. E spetta ancora alla politica il compito di costruire scelte strategiche per lo sviluppo di un territorio: nessuna legge o atto amministrativo possono essere efficaci se non prima discusse, condivise attraverso una diffusa partecipazione.
Il Lago di Piediluco, occorre ancora ricordarlo, ha delle potenzialità ambientali, quindi turistiche ed economiche, mai realmente verificate. È ora di un cambiamento perché Terni, l’Umbria hanno bisogno di un lago (di un luogo) avanguardia di un nuovo modello di sviluppo.

Terni, 21/07/2011
Fabio Barbini, Responsabile Ambiente SEL Terni - Tommaso Sabatini, Responsabile SEL Velino

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SEL per l'illuminazione della Cascata


"Riaccendiamo la Cascata" FIRMA la Petizione online


"il giornale dell'umbria" 22 luglio 2011


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martedì 19 luglio 2011

Vendola: “Manovra, una grande manifestazione in autunno con movimenti, donne e precari”




Intervista a Nichi, pubblicata su L’Unità di oggi, sulla manovra del Governo, il ruolo delle classi dirigenti e la necessità di ritornare alle urne.

Presidente Vendola, la manovra varata in fretta e con cosi’ tanti sacrifici per i ceti medio bassi non sembra efficace neppure per stabilizzare i mercati. Se l’aspettava?
«C’e’ una speciale vulnerabilita’ del nostro Paese legata al giudizio che l’intero mappamondo politico da’ della nostra classe di governo di centrodestra: una compagine impresentabile, che ha posto sulle spalle di Tremonti una manovra di perfetta macelleria sociale, a fronte della fuga del premier. Entrambi sono ormai prigionieri di una dimensione scandalosa che riporta alla mente, a 30 anni esatti, la visione della questione morale proposta da Enrico Berlinguer».

Sono gli scandali a indebolire l’Italia sui mercati?
«La girandola di inchieste svela la verminosita’ dei poteri reali. La manovra, dal canto suo, scarica su regioni e Comuni il cerino di tagli e tasse che segnano il congedo dall’eta’ del welfare. Lo Stato si ritrae dai suoi compiti fondamentali di indirizzo politico, economico e sociale, di luogo della perequazione e lascia campo libero al mercato. Lo Stato, nella visione di questa destra, si occupa solo di impedire un decente biotestamento e diventa il guardiano dei costumi privati nell’ottica di “sorvegliare e punire”».

I vincoli di bilancio europei incideranno pesantemente anche su un futuro governo di centrosinistra. Come fare fronte? Accettando quei vincoli anche a costo di sacrificare un proprio progetto di cambiamento?
«La prima cosa da fare e’ accorgersi che sta morendo l’Europa, che e’ stata ambizione e speranza e ora e’ ridotta a protesi notarile della volontà extrademocratica e insindacabile delle grandi istituzioni bancarie e finanziarie. Un’Europa sempre piu’ dominata dal protagonismo delle destre antieuropeiste e dal rancore delle giovani generazioni sempre piu’ incompatibili con il patto di stabilita’. Giovani generazioni considerate dai teorici dell’austerita’ come un tema irrilevante rispetto ai debiti pubblici. Se e’ vero che il debito e’ una malattia, bisogna sapere anche che i farmaci liberisti rischiano di uccidere il malato. Se massacri i ceti medio-bassi, stroncando la crescita, i conti non torneranno mai. Lo devono capire i vari Tremonti d’Europa».

Dunque cosa propone per far tornare i conti e sostenere la crescita?
«L’Italia popolare e proletaria e’ allo stremo, non si era mai vista una stagione di cosi’ pesante regresso sociale. In Italia ci sono 150 miliardi di evasione fiscale, se c’e’ bisogno di pesanti manovre devono essere messe per intero sulle spalle della ricchezza, della rendita, dell’evasione. Purtroppo la rabbia sociale si riversa solo sui privilegi della “casta”, invece che su questa sperequazione di tipo ottocentesco. Per questo e’ stato un grave errore del Pd quel voto contro l’abolizione delle province».

Pensa davvero che il voto sulle province abbia un peso cosi’ rilevante?
«C’e’  urgente bisogno di segnali di concretezza e di sobrieta’. Rinviare sempre l’appuntamento con i tagli ai costi della politica ha generato una reazione rabbiosa tra i piu’ poveri».

Questa onda antipolitica, alimentata anche da settori di centrosinistra, non rischia come nel 1992 di produrre una svolta populista e reazionaria?
«Sono molto preoccupato perche’, in un’Europa che ha perso ambizioni e racconto, l’antipolitica insieme alla crisi sociale puo’ portare davvero a scorciatoie reazionarie. Se a pagare il conto sono sempre i soliti predestinati, se non c’e’ una netta alternativa tra le politiche economiche di destra e di sinistra, allora crescono gli “indignatos”. Il ripensamento in corso in molti partiti socialisti rispetto alla lunga subalternita’ al liberismo e’ motivo di speranza, ma rischiamo di essere fuori tempo».

Come dovrebbe reagire il centrosinistra italiano?
«C’e’ una larga convergenza sul carattere classista di questa manovra, dalla Cei a molte aree moderate. C’e’ il giudizio chiaro di Bersani. Le vittorie alle amministrative e ai referendum pero’ sono state subite, non si e’ ancora messo a fuoco lo smottamento dal basso, che e’ partito dai movimenti, fuori dal Palazzo. Bene, la svolta e’ matura nella societa’, ora e’ il momento di scrivere un’agenda comune e di aprire il cantiere dell’alternativa con al centro la questione sociale e morale. Altrimenti, se la politica non sara’ in grado di catalizzare la rabbia e la speranza, rischiamo che prevalgano nuovi blocchi d’ordine».

Ogni vostra proposta di cambiamento deve fare i conti i vincoli europei. Che spazio reale vede?
«Credo che esista lo spazio per ricontrattare tempi e modi per raggiungere il pareggio di bilancio. Anche Obama ha in corso un braccio di ferro con i repubblicani per innalzare il debito. Perche’  il patto di stabilita’ deve essere un totem intoccabile e le condizioni delle famiglie no?».

Come si deve muovere l’opposizione?
«L’unico modo per voltare pagina e’  licenziare il governo Bisignani-Milanese e andare al voto».

Come si ottiene il voto anticipato?
«Non facendo sconti a nessuno. Il centrosinistra e’ uno straordinario potenziale, ora servono segnali chiari: una grande manifestazione in autunno per dire che siamo in campo, una coalizione con un’anima, che vogliamo coinvolgere da protagonisti i movimenti, dalle donne ai precari. Non abbiamo tempi infiniti».

Governo istituzionale?
«Non c’e’ spazio per formule tecnocratiche o diversivi tipici del trasformismo».

Delle primarie non parla piu’?
«Non c’e’ bisogno che io faccia il disco rotto. Mi pare che, dopo le vittorie di Milano, Cagliari e Trieste siano ormai un patrimonio condiviso anche dai vertici del Pd».

Nella sua alternativa c’e’ anche l’Udc?
«Serve un chiarimento. A Casini voglio dire che di troppa furbizia si muore. L’equidistanza tra centrosinistra e Berlusconi non e’ piu’ sostenibile. E neppure l’altalena tra i due poli, senza avere il coraggio di uno sforzo anche autocritico su un ciclo lungo che ha devastato la societa’ italiana».

Propone un ultimatum a Casini?
«Non ho atteggiamenti intimidatori, ci tengo a discutere nel merito. E considero un guaio che Casini non si accorga di quanto rilevante sia stata tra i cattolici la partita sull’acqua pubblica, quasi un gesto di liberazione dall’individualismo. E ancora: si puo’ essere impermeabili al tema dei diritti di nuovi soggetti, all’evoluzione dei costumi? Considero una vergogna vivere in un Paese senza una legge sulle coppie di fatto, non sono disponibile a una rimozione di questi temi».
Sulla legge elettorale che opinione ha?
«Do un giudizio positivo su entrambi i referendum che puntano a smontare il Porcellum. E aspetto di capire meglio la proposta di legge del Pd, che mi pare oscura e troppo arzigogolata. Credo che, per garantire rappresentanza e coalizioni, la soluzione migliore nell’immediato sia una legge per tornare al Mattarellum, come proposto da Gustavo Zagrebelsky»
Andrea Carugati

venerdì 1 luglio 2011

La marcia in più della Sinistra italiana

La sinistra italiana ha una grande ricchezza, di cui sembrano dimenticarsi talvolta i suoi leader: un patrimonio di mobilitazione e partecipazione che si è riattivato ed ingrandito negli ultimi mesi portando ad importanti vittorie. Questo blog è nato in tempi bui, dopo quello che definimmo “l’anno zero” della sinistra italiana: il 2008 con la sconfitta alle politiche, l’eliminazione di una parte della sinistra dalla rappresentanza parlamentare, la vittoria di Alemanno a Roma. Nelle ultime settimane abbiamo avuto la fortuna di descrivere e indagare un paese diverso: quello delle amministrative e quello dei referendum. E’ bene riflettere e analizzare i cambiamenti nella società che sono alla radice di quelle vittorie, lo abbiamo fatto qui collettivamente e lo ha fatto qui Cecilia D’Elia. Oggi abbiamo degli studi che ci spiegano meglio cosa è successo, vediamone alcuni.
Il primo studio è quello di Ilvo Diamanti e della sua Demos. Molti, nella lettura, si saranno fermati ai pronostici elettorali che danno il centrosinistra “classico” (Pd, Idv, Sel più, se vorrà, la Federazione della Sinistra) in vantaggio di 7 punti percentuali sul centrodestra. C’è poi il calo del Terzo Polo e un dato importante sul centrosinistra: a beneficiare della tornata elettorale e referendaria sembrano essere soprattutto Pd e Idv, mentre Sel perde quasi un terzo dei suoi consensi “virtuali” tra febbraio e giugno. Dati che varrà la pena commentare solo se saranno confermati da altri sondaggi.
E’ invece importante riflettere sul resto dell’indagine Demos che riguarda l’intensità e la modalità di partecipazione alle recenti campagne amministrative e referendarie. La mobilitazione è stata molto alta negli elettorati di Sel, Movimento 5 stelle e Idv ma anche in quelli di Pd e Fli: la percentuale di elettori di questi partiti che dichiara di aver fatto campagna o di aver cercato di convincere qualcuno a votare varia dal 29% tra chi vota per il partito di Bersani al 52% tra chi sostiene Sinistra Ecologia e Libertà.
Tra tutti gli intervistati, il 16% dichiara di aver partecipato alla campagna o di aver lavorato sulla partecipazione al voto. Come? In oltre la metà dei casi con una campagna orizzontale tra i conoscenti: familiari o colleghi di lavoro. Gli esperti dicono che è il tipo di campagna che funziona di più: un conto è vedere un estraneo in tv, un conto è ascoltare il consiglio da un amico o un familiare. Quasi il 10% ha usato internet, un altro dato molto importante su cui torneremo tra poco. Dei 16 italiani su 100 che dichiarano di essersi mobilitati, 9 sono “nuovi”: non l’avevano mai fatto prima. Tra di essi, un terzo ha usato internet, facendo la campagna “reticolare”, come l’ha chiamata Diamanti. Abbiamo scritto in una serie di articoli su Milano come sia stata importante, nella campagna che ha portato alla vittoria di Pisapia, la combinazione tra l’attivazione dei militanti sulla Rete e la loro campagna orizzontale sul territorio.
E qui si arriva al dato più interessante politicamente, che riguarda le categorie sociali. Le donne sono solo il 37% tra i mobilitati “storici” (quelli che l’hanno sempre fatto) ma sono ben il 46% tra quelli nuovi. Le ragazze e i ragazzi al di sotto dei 30 anni si sono mobilitati in misura doppia rispetto al passato. I due terzi dei nuovi mobilitati hanno la maturità o la laurea. Mentre tra i militanti storici prevalgono pensionati e dipendenti pubblici, tra quelli nuovi crescono gli studenti e gli “operai”. Il 58% dei nuovi mobilitati è orientato a sinistra o a favore del centrosinistra. Sovrapponiamo questi dati alle mobilitazioni sociali dell’ultimo anno: quella delle donne di “se non ora quando?” (che si rivedranno qui, molto presto), quella degli studenti e dei ricercatori di quest’autunno, le mobilitazioni operaie e del mondo del lavoro, di cui quelle della Fiom sono state solo la parte più visibile.
E poi, il mondo della cultura che si riflette nel dato sul titolo di studio. Si guardi alla nostra analisi “sociale” della sconfitta del 2008 per capire quanto sia straordinario questo cambiamento: lì si perse con l’astensionismo dei giovani con alto livello di studio e con il passaggio a destra di una parte dei ceti popolari per non parlare dei 18 punti di scarto tra Berlusconi e Veltroni nel voto femminile. Qui si vince riportando al voto e alla mobilitazione queste categorie. E’ una mobilitazione che non va data per scontata nella campagna per le politiche, però.
Questo articolo dell’epistemologo Paolo Bottazini, invece, ci spiega come ha funzionato la campagna sulla Rete e come la destra non abbia ancora capito i social network. Probabilmente non è solo questione di comprensione: è che un modello di comunicazione reticolare e orizzontale è molto difficile da adattare ad un partito personale e autoritario come quello di Berlusconi. E poi, non basta dire Rete. Bottazini fa un’affermazione che molti politici dovrebbero tenere a mente: tutto è partito da lontano, molti mesi prima dei referendum. L’esempio più importante è la pagina Facebook “Acqua pubblica” creata dal sindaco di Cassinetta di Lugagnano (un piccolissimo comune lombardo all’avanguardia su politiche urbane e ambientali) e che ha raccolto un milione di fan. Leggermente meno persone (900mila) hanno visto questo video su youtube in cui un giornalista si avvicinava alla centrale di Fukushima.
E veniamo all’ultimo gruppo di dati, che riguarda la TV: quella “generalista” (i vecchi 7 canali principali) dove le immagini e le notizie su Fukushima, ad un certo punto, sono praticamente sparite. Non serve essere dei complottisti paranoici per dire che, forse, non si è trattato di casualità. Basta leggere l’inchiesta di Repubblica su come vennero oscurati i risultati delle regionali del 2005 per capire che, quando si tratta di esercitare la censura ed il controllo sull’informazione, la destra riesce ad essere assai reticolare.
Peccato per loro, perché quello strumento sul quale si concentrano è sempre meno importante: un’elaborazione dello Studio Frasi pubblicata questa settimana dall’Espresso ci dice che nell’ultima stagione televisiva (12 settembre 2010-28 maggio 2011) Canale 5 ha perso il 10,5% di share rispetto all’anno precedente, Italia 1 il 10,7% e Rete 4 l’8,47%. Rai 1 e Rai 2 hanno perso, rispettivamente, il 5,25% ed il 6,96%. Alcuni spettatori saranno sicuramente “migrati” verso i canali digitali o satellitari ma è anche vero che, nello stesso periodo, Rai 3 ha guadagnato il 2,9% e La7 addirittura il 28,3%. Se si vuole avere il polso di cosa cambia nella società italiana bisogna andare più a fondo e guardare al successo di certi programmi: l’ascesa del Grande Fratello anticipò, nel 2000, l’egemonia televisiva del centrodestra degli anni duemila.
Ebbene, l’ultima stagione del reality è stato un vero fallimento: poco più di 5milioni di spettatori medi e uno share del 23%. Poco se si pensa che fino al 2006 si era stabilmente sopra il 30%. Chi ricorda ora di quando “Vieni via con me” batté in ascolti proprio il Grande Fratello? Cambiano i gusti e cambiano gli interessi, non bisogna dare la TV per morta ma continuare a pensare a buoni programmi.
E di buoni programmi oltre che di buoni strumenti e buon personale politico ha bisogno la sinistra italiana se vuole sfruttare la risorsa della partecipazione e le opportunità fornite da alcuni cambiamenti sociali. Non è solo questione di primarie ma anche, come abbiamo scritto qui, di quale risposta si da alla crisi economica e dei conti pubblici perché sennò il rischio è di fare la fine dei socialisti greci o spagnoli.

Mattia Toaldo - fonte http://italia2013.org